martedì 29 novembre 2011

AUTOTUTELA

1) Autotutela e indennizzo; 2) Autotutela e responsabilità precontrattuale; 3) Autotutela (convalida del provvedimento amministrativo; 4) Autotutela (casi di nullità e buona fede del privato; 5) Autotutela ed elusione del giudicato.
  1. AUTOTUTELA E INDENNIZZO
Massime (s. TAR Calabria):
·         Con specifico riferimento alla revoca di una gara d'appalto, si condivide l’orientamento interpretativo a mente del quale è in tale evenienza necessaria una puntuale ed accurata motivazione sulla sopravvenuta diversa valutazione dell'interesse pubblico che ne aveva consigliato l'indizione, in particolare ove sia intervenuta la stipula del contratto di appalto (cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 18 maggio 2011 , n. 435).
·         La revoca risulta legittima [quando sia stata] adottata proprio nella discrezionale (e legittima) esplicazione di quel potere di rivisitazione per ragioni di opportunità del proprio operato specificamente conseguente ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
·         La domanda di indennizzo presuppone l'avvenuto riconoscimento (da parte del ricorrente) della legittimità del provvedimento di revoca, dal quale scaturisce comunque un'obbligazione indennitaria da atto lecito a carico dell'Amministrazione, a norma di quanto disposto dal citato art. 21 quinquies, che appunto prevede l'obbligo per la stessa di provvedere all'indennizzo dei pregiudizi in danno sofferti dai soggetti direttamente interessati dal provvedimento, senza che al fine del sorgere dell'obbligazione indennitaria occorra la dimostrazione della sua colpevolezza (cfr. T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 14 gennaio 2011 , n. 36).
·         L'indennizzo di cui all'art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 delinea una fattispecie riconducibile al modello dogmatico della responsabilità da atto lecito dannoso in cui l'atto di revoca rileva di per sé, prescindendo dall'elemento soggettivo della colpa, quale fattore cui conseguono risvolti patrimoniali a carico dell'amministrazione in relazione agli eventuali pregiudizi che dovessero verificarsi a carico degli amministrati (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 12 gennaio 2011 , n. 47).
·         L'innovata disciplina positiva data all'istituto della revoca del provvedimento amministrativo dal legislatore, con l'introduzione dell'art. 21-quinquies, l. 7 agosto 1990 n. 241, ne ha dilatato la preesistente nozione elaborata dall'insegnamento dottrinario e giurisprudenziale, ricomprendendo in essa sia il c.d. ius poenitendi, che consente alla Pubblica amministrazione di ritirare i provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, sia di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento e di modificarlo, perché evidentemente ritenuto affetto da inopportunità, in virtù di una rinnovata diversa valutazione dell'interesse pubblico originario (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 05 luglio 2011 , n. 4028).

  1. AUTOTUTELA E RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE (APPALTI)
(per la riforma della sentenza TAR Lazio, sez. II-quater n. 05913/2010, quest’ultima interessante per il riferimento all’appalto integrato e per la chiarezza con la quale tratta le distinte domande, impugnatoria e risarcitoria).
 
Massime (s. CdS):
·        L’Amministrazione conserva il potere di revocare la gara, per documentate e motivate esigenze di interesse pubblico, consistenti pure in un diverso apprezzamento dei medesimi presupposti già considerati, esigenze in ragione delle quali sia evidente l’inopportunità o comunque l’inutilità della prosecuzione della gara stessa (di tale principio costituisce codificazione l’art. 21-quinquies l. agosto 1990, n. 241).
·         [Tali apprezzamenti attengono al merito amministrativo, poiché sono espressivi della discrezionalità dell’Amministrazione e quando non appaiano né illogici né irrazionali, o quando altrimenti gli atti, comunque, non appaiano viziati in punto di legittimità per manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, non possono essere oggetto di esame da parte del giudice.]
·        Il riconoscimento della legittimità della revoca non contraddice l’eventualità di un risarcimento per responsabilità precontrattuale, ma ne fonda anzi la condizione imprescindibile (giacché, in caso di illegittimità della revoca e quindi del suo annullamento, si imporrebbe la ripresa della gara, ovvero il risarcimento per equivalente anche in relazione al mancato utile relativo alla specifica gara revocata: Cons. Stato, IV, 7 luglio 2008 , n. 3380).
·         Nel caso di revoca legittima degli atti della procedura di gara, può sussistere una responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nel caso di affidamenti suscitati nella impresa dagli atti della procedura ad evidenza pubblica poi rimossi (Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; V, 30 novembre 2007, n. 6137; 8 ottobre 2008, n. 4947; 11 maggio 2009, n. 2882; VI, 17 dicembre 2008, n. 6264) potendo aver confidato l’impresa sulla possibilità di diventare affidataria e, ancor più, in caso di aggiudicazione intervenuta e revocata, sulla disponibilità di un titolo che l’abilitava ad accedere alla stipula del contratto stesso (Cons. Stato, Ad. plen., n. 6 del 2005, cit.).
·        Si tratta allora di verificare se l’Amministrazione, [nel rapporto per cui è causa], abbia violato i doveri di correttezza e buona fede di cui è espressione l’art. 1337 Cod. civ. Questi, nel quadro di una procedura ad evidenza pubblica, si traducono in primo luogo nell’obbligo di rendere al partecipante alla gara in modo tempestivo le informazioni necessarie a salvaguardare la sua posizione, su eventi, o sulla rinnovata valutazione dell’interesse pubblico alla gara che possano far ipotizzare fondatamente la revoca dei relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un pericoloso affidamento sulla, invece incerta, conclusione del procedimento; affidamento che deve ritenersi tanto più formato quanto più è avanzato il procedimento di gara.
·        Il principio della risarcibilità dell’interesse negativo nella misura delle spese sopportate per la partecipazione alla procedura e della perdita dell’occasione di stipulare altri contratti, basato sui principi dell’art. 1337 Cod. civ., non può essere applicato meccanicisticamente nel caso di revoca di gara pubblica, dove assume rilievo la particolare condizione implicita in ogni procedura pubblica, attinente alla valutazione dell’interesse, che necessariamente presenta elementi di mutevolezza ed è ancorato alla clausola rebus sic stantibus.

    • TAR Lazio di Roma - SENTENZA 14 febbraio 2011, n. 1392
Si legga l’annotazione alla sentenza nella rivista giuridica NelDiritto, dove l’autore esamina in maniera sintetica, pur tuttavia efficace, alcuni aspetti della problematica in oggetto: 1) Le fasi del procedimento di aggiudicazione dell’appalto; 2) I danni connessi alla aggiudicazione; 3) I danni derivativi da illegittima aggiudicazione definitiva; 4) L’affidatario solo provvisorio; 5) La condizione di mero partecipante alla procedura di gara; 6) I danni derivativi dal legittimo ritiro della aggiudicazione definitiva; 7) L’art. 21 quinques della legge n. 241/90.

  1. AUTOTUTELA (CONVALIDA DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO)
Massime (s. CdS):
·        La convalida, sotto un profilo spiccatamente dottrinario, è figura del sistema amministrativo facente parte del più ampio fenomeno dell’autotutela, potere in virtù del quale la P.A. ha la facoltà di sanare i propri atti da vizi di legittimità, in applicazione, come evidenziato dalla giurisprudenza (cfr. Con stato Sez.IV 9/7/2010 n.4460 ), del principio di economia dei mezzi giuridici e di conservazione degli atti. Essa consiste, in particolare in una manifestazione di volontà della pubblica amministrazione rivolta ad eliminare il vizio dell’atto (originariamente) invalido, in genere per vizi formali o di procedura o per incompetenza.
·        Le ragioni di economia dei mezzi giuridici poi è il principio che è stato tenuto in passato in considerazione dalla giurisprudenza al fine di consentire l’esercizio del potere di convalida avente ad oggetto anche un atto che sia sub iudice (cfr. Con stato Sez. IV 26/6/1998 n.991); e comunque l’ammissibilità della convalida di un atto nelle more del giudizio è da ritenersi ormai fuor di dubbio alla luce della novella recata dall’art. 21 nonies della legge n.241/90, norma che ha previsto la possibilità, in generale, di convalida dell’atto per ragioni di pubblico interesse ed entro un ragionevole lasso temporale, senza che il legislatore abbia previsto come causa preclusiva la pendenza di un giudizio.

  1. AUTOTUTELA (casi di nullità e BUONA FEDE DEL PRIVATO)

Massime (s. CdS):
·        Le cause di nullità del provvedimento amministrativo devono oggi intendersi quale numero chiuso (Cons. St., V, 28 febbraio 2006, n. 891).
Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che, una volta disposta in suo favore l’aggiudicazione provvisoria, l’attività della Commissione di gara era esaurita e non poteva né il Presidente disporre una nuova convocazione, né la Commissione riesaminare i propri atti con la conseguenza che tutta tale attività sarebbe appunto viziata da nullità. Anche avuto riguardo alla nullità per “difetto assoluto di attribuzione”, si rileva che tale ipotesi sussiste in presenza di una carenza di potere c.d. in astratto, nella quale si ha violazione della norma attributiva del potere, mentre il provvedimento è solo annullabile in caso di carenza di potere in concreto, nella quale non si viola la norma attributiva del potere, che esiste, ma solo delle norme che ne limitano l’esercizio e lo condizionano. Nel caso di specie, comunque, il potere della Commissione di rivedere i propri atti sussisteva sia in astratto che in concreto, costituendo principio generale quello secondo cui gli organi amministrativi possono riesaminare i propri atti, tanto più in un caso, come quello in esame, in cui il procedimento non si era ancora definitivamente concluso. Alcun vizio di nullità può, quindi, essere configurato.
·         l’ormai consolidato principio di affidamento del privato in atti e comportamenti dell’amministrazione non vale solo in senso univoco, ma comporta anche che atti e comportamenti del privato possano ingenerare un affidamento in capo all’amministrazione.

  1. AUTOTUTELA ED ELUSIONE DEL GIUDICATO
[L’azienda ospedaliera S.C aveva bandito una gara per l’affidamento, per un periodo di 60 mesi, della gestione del magazzino economale. La società I.L. aveva partecipato, classificandosi seconda; quindi, ritenendo illegittima l’aggiudicazione della gara in favore della D. S.p.A., classificatasi al primo posto, ne aveva chiesto l’annullamento al T.A.R. Lazio. Vistasi riconoscere le proprie ragioni, la società I.L. doveva risultare aggiudicataria della gara, sicché ha chiesto all’Azienda Ospedaliera S.C. di procedere in tal senso.
           Non avendo l’Azienda provveduto, la Società I.L. proponeva ricorso per l’ottemperanza alla predetta sentenza n. 2221 dell’11 aprile 2011  del CdS, passata in giudicato.]
           L’Azienda Ospedaliera, con deliberazione n. 319 del 5 luglio 2011, dopo aver ricordato le vicende processuali che hanno interessato la gara in questione, ha deciso peraltro di revocare la deliberazione n. 2294 del 25 novembre 2008 con la quale era stata indetta la gara a procedura aperta per l’affidamento del servizio di gestione del magazzino economale dell’Azienda per un periodo di cinque anni, con tutti gli atti amministrativi connessi e consequenziali, “essendo venuto meno l’interesse aziendale all’esternalizzazione del servizio di che trattasi”, ed ha deciso di “continuare quindi a svolgere il servizio in parola con il personale interno ivi assegnato”.
           La Società I.L. ha impugnato la revoca in sede di giudizio di ottemperanza innanzi al CdS con motivi aggiunti.
           Si legge nella sentenza in oggetto: «… considerato che gli atti adottati dall’amministrazione e la revoca della gara in questione devono ritenersi emanati in diretta conseguenza della sentenza della Sezione V, n. 2221 dell’11 aprile 2011, la legittimità di tali atti, che si assumono emessi in violazione del giudicato formatosi sulla predetta sentenza, può essere verificata da questa Sezione nel giudizio per l’ottemperanza promosso dalla Società I. L. […]
            L’amministrazione [è intervenuta] nella vicenda con un atto di revoca, facendo quindi applicazione del proprio potere di autotutela la cui disciplina si rinviene ora nell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 7 agosto 1990. Ai sensi della indicata disposizione tre sono i presupposti che, in via alternativa, possono legittimare l'adozione di un provvedimento di revoca da parte dell'Autorità competente: sopravvenuti motivi di pubblico interesse; il mutamento della situazione di fatto; una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.
L’ordinamento ammette quindi la revoca di provvedimenti amministrativi diventati inopportuni in base a nuove circostanze sopravvenute ed anche per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (Consiglio di Stato, sez. V, n. 283 del 18 gennaio 2011).
Nella fattispecie, l’Azienda Ospedaliera ha ritenuto di dover revocare gli atti della gara in questione, facendo espressa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 che, come si legge nello stesso atto, consente l’esercizio del potere di revoca di atti amministrativi per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nel caso di mutamento della situazione di fatto che ha dato origine al provvedimento da revocare ed a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. E tale revoca si è resa necessaria, come si evince sempre dai contenuti di tale atto: […]
Sulla base di tali ragioni non può ritenersi elusiva del giudicato (né comunque illegittima) l’azione dell’Amministrazione.
      Sono state, infatti, chiaramente indicate (e non risultano manifestamente irragionevoli) le ragioni di pubblico interesse (attuale e concreto) che hanno determinato l’adozione dell’atto di autotutela e che risultano prevalenti rispetto agli altri interessi militanti in favore della conservazione degli atti oggetto della revoca.

Massime (s. CdS)

·        [Se le ragioni di pubblico interesse (attuale e concreto) per le quali la PA ha ritenuto di dover revocare gli atti della gara, facendo espressa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, sono state chiaramente indicate (e non risultano manifestamente irragionevoli), non può ritenersi elusiva del giudicato (né comunque illegittima) l’azione dell’Amministrazione.]
·        il potere di negare l'approvazione dell'aggiudicazione di una gara ben può trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse, senza trovare ostacoli nell'avvenuta aggiudicazione definitiva o provvisoria della stessa (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1554 del 17 marzo 2010).

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Si può consultare anche il contributo
Autotutela pubblica e privata. La Pubblica Amministrazione come un duplice Giano.
Commento alla sentenza della Cassazione Civile, sez. un., 20 dicembre 2006, n.  27170 - Pres. V. Carbone - Rel. F. Trifone) sul sito www.ildirittopericoncorsi.it  


nonché il sito http://www.autotutela-pa.it/

domenica 27 novembre 2011

APPALTI PUBBLICI- clausole escludenti

Si legga il contributo del Consigliere di Stato dr. Claudio Contessa "L'abuso delle clausole escludenti nelle pubbliche gare e i suoi possibili rimedi: un ritorno alla disapplicazione?", pubblicato sul sito www.giustizia-amministrativa.it in data 8 novembre 2011, dove si individuano i tre diversi tipi di clausole escludenti e i tre possibili approcci alla questione.

Qui di seguito si riporta uno stralcio:
Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato ha affermato rilevanti princìpi in tema di operatività delle clausole escludenti nei bandi per pubbliche gare e in tema di disapplicabilità delle clausole non tempestivamente impugnate.
La sentenza in questione fornisce all’interprete notevoli spunti di interesse per quanto attiene il (sempre arduo) bilanciamento fra – da un lato – le esigenze di rispetto degli oneri formali di partecipazione (in specie, quando essi siano volti a tutelare la par condicio fra i concorrenti e la segretezza delle offerte) e – dall’altro – la possibile adesione a un approccio di carattere sostanziale alla tematica delle clausole escludenti, all’insegna del principio del favor participationis e della sanabilità delle irregolarità di stampo soltanto formale.
 ...
Giudici di Palazzo Spada hanno inteso temperare in sede applicativa il regime di ordinaria inderogabilità delle clausole escludenti previste dalla lex specialis di gara avverso le quali non sia stata proposta tempestiva impugnativa in giudizio.
Pur mancando un’esplicita affermazione di principio in tale senso, la pronuncia in questione si pone sul solco di un recente filone giurisprudenziale (sinora essenzialmente affermatosi nell’ambito della giurisprudenza amministrativa di primo grado), il quale si propone di limitare quella sorta di insana «caccia all’errore» ingenerata dal proliferare – nell’ambito dei bandi di gara – delle clausole con effetto escludente e, in definitiva, di temperare il vero e proprio abuso del ricorso a tale tipo di clausole che, negli anni più recenti, è stato posto in essere da numerose amministrazioni aggiudicatrici.